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Quando non è un felice Natale

Per la maggior parte delle persone, il periodo natalizio è un momento di serenità e convivialità. Per la maggior parte, non per tutti. C'è chi attende da troppo tempo un cambiamento, chi ogni giorno sopporta il peso del dolore e della malattia, chi vorrebbe fosse già il 7 di gennaio, per non vedere più queste luci e questa ostentata felicità per le strade, perché il Natale non è più serenità nel cuore, ma un nostalgico ricordo ora colmo di solitudine e assenza. 

 

La signora M. mi saluta da lontano, i nostri passi si avvicinano fino a quando le mani si incontrano.

- Dottoressa, andrà a casa dalla sua famiglia per Natale?

- Si

- Che grandissima fregatura il Natale, è una promessa di amore e di calore che non sempre si può mantenere..

- Eh sì, ci sono Natali tristi. Il suo deve essere particolarmente faticoso..

- Faticoso, pesante, sfinente. Sicuramente poco gioioso. E poi, perché dovrei mai festeggiare una nascita mentre sono qui a vedere una parte della mia vita morire?

- Forse siamo abituati a usare il termine ‘festeggiare’, che ci obbliga ad essere forzatamente felici. E se provassimo a pensare ad una parola alternativa? Tipo: accogliere?

- Accogliere la nascita? O la morte?

- Accogliere le emozioni, la fatica, le lacrime, la stanchezza..

- Che poi, mia cara Dottoressa, sono le stesse del parto.. che fregatura!

- Un po’ come il Natale..

- Dottoressa, ma come si fa?

- A fare cosa?

- A sopportare il Natale, la gente felice, il mondo che va a mille, le luci, le musichette. Tutto così atrocemente lontano da ciò che ho dentro?!!

 

Piange.

 

- Non ho una risposta certa. Di sicuro, non una che vada bene per tutti. Però so che si può ascoltare un po’ le proprie note, fare silenzio quando serve, e che le proprie melodie, con i loro tempi e le loro variazioni, sono preziose perché raccontano chi siamo. E che il dolore è un suono pesante, una vibrazione profonda.

- Basterebbe poterle suonare certe note..

- Forse serve iniziare a pensare di poterselo permettere!

- Che tristezza!

- Questo è uno splendido DO!

 

Piange, e poi si apre in un timido sorriso. Mani che si intrecciano e sguardi che si abbracciano.

E poi ancora qualche parola e un saluto.

Il corridoio è lungo, le mattonelle hanno un colore caldo e, nonostante il freddo, c’è sempre una piccola possibilità di scaldarsi.

 

Sembra che i ricordi se ne stiano in agguato per un anno intero, accovacciati dentro agli scatoloni. Ci attendono, pronti a mostrarci ciò che è stato, come i Natali passati, ma fanno di più: si uniscono ai simboli, alla tradizione e ai significati per fare da ponte con il futuro. Un buon esempio è l'albero di Natale. Simbolo di pace e speranza, l'abete è considerato un albero magico fin dall'antichità, diventando un simbolo del Natale cristiano durante il Medioevo. Ancora oggi adorna le piazze delle città, ma soprattutto le nostre case, acquisendo anche un significato più intimo, caldo e familiare.

A dicembre ha iniziato ad essere presente anche nelle storie di chi ascolto di settimana in settimana, nella stanza della terapia. Le giovani coppie hanno decorato l'albero insieme, cogliendo l'occasione per ritrovarsi e dedicarsi attimi speciali nella frenesia della vita quotidiana. Occhi lucidi, voce che trema, si pensa alla famiglia d'origine, magari lontana, di cui non si smette mai di sentire la mancanza. Si vorrebbe tornare bambini: l'incertezza del futuro, il lavoro precario, il mutuo da pagare di oggi hanno preso il posto della spensieratezza e la semplice felicità di quando si era piccini.

"Il nostro albero è piccolo e spelacchiato, niente a che vedere con quello di quando ero bambina!, ma volevo farlo con il mio compagno, fargli sentire che siamo una famiglia".

Le tradizioni familiari, come quella di fare l'albero tutti insieme, ricoperte con il nuovo compagno, creano un collante: ci si ricorda che non si è soli ad affrontare le difficoltà quotidiane. Le tradizioni, riproposte e modificate, diventano nuove, uniche e speciali, uniscono la coppia e "arredano" il nido familiare.

 

Natale è preparazione: della casa, delle cene e dei pranzi ma anche preparare se stessi all'anno nuovo. L'attesa, poi, lascia il posto alla celebrazione, per dirci "Evviva! Abbiamo preparato tutto con così tanta cura e amore, che ciò che ci aspetta non potrà che andare bene!". C’è chi brinda per un arrivo, un ritorno o un inizio, e c’è chi singhiozza per un addio, un dolore o una fine. Che si tratti di un brindisi o un singhiozzo, rendiamolo un momento di pace interiore, di consapevolezza di ciò che abbiamo ancora e di gratitudine per il tempo a disposizione, quello condiviso con chi c’è, chi c’era e chi ci sarà. Respiriamo all’insegna della condivisione, l’unica grande forza in grado di unire un brindisi ad un singhgiozzo.

 

A tutte le persone che ogni giorno combattono e a chi crede che più nulla sia possibile va la nostra vicinanza e il nostro più sentito augurio di trovare presto conforto e sostegno. A voi, dedichiamo un estrapolato de "La magia di un abbraccio" di Pablo Neruda: 

 

"... il più delle volte un abbraccio

è staccare un pezzettino di sé

per donarlo all'altro

affinché possa continuare il proprio cammino meno solo" 

scritto da...

Tutti i professionisti dell'Area Mente.

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