In questo periodo si sospendono le psicoterapie per la pausa Natalizia: si fa il punto dell’anno appena concluso e, in attesa di ritrovarsi a gennaio, si riflette insieme sugli obiettivi futuri.
Lo immaginavamo come un anno di rivoluzione e cambiamento (con tutti i giochi di parole su “2020-duepuntozero”) ed eccoci qui: rivoluzione è stata. La vita ha sempre una strana ironia nel sorprendere le nostre aspettative. Se vi sentite addosso la stanchezza di chi è sopravvissuti è perché lo siamo. Eppure, insieme alle ferite, alla fatica, alla paura per il futuro, possiamo darci la possibilità di ringraziarci per esserci portati fino a qui, per le risorse che abbiamo saputo tirare fuori, per la nostra resilienza, creatività, speranza.
- Dottoressa, com’è possibile che gli ultimi 15 giorni di dicembre mi sembrino un tempo infinito? Che pesantezza, quest'anno non finisce più!
- Di solito, il tempo scorre lento quando abbiamo fretta o quando siamo molto stanchi.
- In effetti non saprei dirle quale dei due sia il mio caso. Ho fretta di chiudere quest'anno infernale ma, proprio ora che vorrei accelerare per finire la corsa, gli ultimi metri mi sembrano chilometri. Ho in mente proprio la scena: il traguardo all'orizzonte, la polvere che si solleva da terra, le gambe pesantissime, i polmoni e la gola che bruciano affamati di aria, il cuore che batte all'impazzata, il sudore che mi appanna la vista.
- Cos'ha a che fare questa sensazione con l’anno che si conclude?
- Tutto l'anno è stato un andare un po' oltre a ciò che credevo di poter fare. La distanza dagli affetti, la solitudine, gli spazi personali diversi, desolanti ma anche invasi. Tutte le regole nuove e che variano continuamente, le cose a cui prestare continuamente attenzione, l’incertezza per la propria salute e per il proprio lavoro.
- E come la fa stare tutto questo?
- Stanca, triste. Forse, angosciata.
- Fatica e fretta, insomma.
- Esatto!
- Di certo parliamo di un anno diverso da tutti gli altri, un tracciato - per rimanere nella sua metafora - mai percorso prima. Non ci siamo potuti preparare a ciò che abbiamo vissuto, non ci possiamo preparare all'anno che sta per iniziare.
Sorride.
- Sta per dirmi che devo stare nel presente, vero?
- Sto per chiederle come ha fatto ad arrivare fino a qui, a correre lungo la maggior parte del tracciato pur non conoscendolo e nonostante gli ostacoli e le difficoltà. Come fanno a mancarle solo gli ultimi metri? Come mai non ha mollato prima?
Ci pensa.
- Eh, non so. Penso di aver vissuto e basta, giorno per giorno. Ogni giorno o settimana mi sono aggrappata a qualcosa e quello che c'era mi è bastato. Ci sono stati anche momenti in cui sono stata bene, anche se è stato uno stare bene diverso dal solito.
- Insomma, l'adattamento.
- Si, credo di sì.
- Intendo dire che, visto l'anno che ha vissuto, sembra proprio che sia stata capace di un grande adattamento. Non è sopravvissuta, ha vissuto in condizioni straordinarie.
- E ora vedo il traguardo.
- E ora vede il traguardo.
Resta in silenzio.
- Come ho fatto?
- Credo me l'abbia raccontato proprio adesso.
- Non l'avevo mai vista così.
- E allora glielo chiedo ancora. Come la fa stare tutto questo, Margherita?
- Sono stanca, un po’ triste e un po’ preoccupata. E sono grata.
- Grata…?
- Grata a me stessa, dottoressa. Fiera e grata.
Giuseppe (mercoledì, 16 dicembre 2020 17:25)
Bellissimo!